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Cosa NON è l’Economia, e cosa NON è la Logica.

Uno degli articoli più letti e apprezzati di questo blog, è “Capire l’economia per capire la realtà“, articolo in cui spiegavo in maniera molto semplice il significato di valore, il suo essere soggettivo e da cui estraevo le prime conseguenze di questo fatto.

Quello è un articolo di economia. L’economia, come ben dovreste sapere, si coniuga uno ad uno con i principi logici di identità, non contraddizione e col principio di causa ed effetto. Questo perché sono i principi cardine attraverso i quali l’individuo agisce: essendo l’economia una scienza che studia l’Azione Umana, non può certo prescindere dalla comprensione dei metodi attraverso i quali i miliardi di individui pensano ed agiscono.

Ma per alcuni articoli economici seri, tipo il succitato, esiste nel mondo una variegata quantità di merda, spacciata a più riprese come studi economici, con finalità diverse, diversissime da quelle della comprensione della realtà e dell’azione umana.

E’ il caso di quest’articolo, comparso sul peggior giornale italiano per distacco, quale è Repubblica.

Non fosse altro che poi la gente tende a credere a qualunque idiozia gli venga propinata, a maggior ragione se con l’imprimatur di “studi economici”, non varrebbe neppure la pena di commentarlo, quanto è sconclusionato.

Il titolo dell’articolo è già tutto un programma: “nel mercato sopravvivono i cattivi”. L’incipit è il solito concentrato di frasi senza alcun senso economico, ma pregne di buonismo e politically correct:

IL LAVORO minorile è uno scandalo, lo sfruttamento degli operai cinesi un’ingiustizia, la morte di mille persone nel crollo del palazzo di Dacca grida vendetta.

Tutte e tre queste frasi sono palesi idiozie. Il lavoro minorile non era uno scandalo quando lo ha fatto mio nonno, il padre di mio nonno, il nonno di mio nonno e le rispettive future mogli. Per un sufficiente periodo di tempo, conclusosi da poco grazie alle politiche governative, siamo stati in grado di permetterci di non utilizzarlo, grazie al CAPITALE ACCUMULATO precedentemente, CAPITALE che ha permesso ai genitori di mantenere i figli fino all’arbitraria età decisa dallo Stato nel quale diveniva lecito farli entrare nel mondo del lavoro. Non esiste alcunché di etico nel non far lavorare i ragazzi fino ad una certa età (decisa da Terzi). E’ semplicemente un fattore economico che ti permette di farlo o meno, che lo rende sostenibile o insostenibile.

Lo sfruttamento degli operai cinesi andrebbe spiegato meglio. Dove? In Cina o in Italia? Quello in Italia non può certo essere definito sfruttamento, visto che ci vengono apposta dalla Cina per praticarlo, visto che NON si presentano in nessun corpo di polizia per farsi rimpatriare onde non essere più sfruttati e visto che addirittura pagano somme dell’ordine dei diecimila euro per poter scappare dal paradiso cinese per poter venire ad essere sfruttati in Italia. Bisogna perciò, seguendo semplici deduzioni logiche, desumere che lo sfruttamento di cui si parla avviene nella loro madrepatria. La Cina. Ora, che in Cina i lavoratori siano sfruttati può essere vero o non vero, l’articolo non spiega certo il perché lo sarebbero. Di certo non si può desumere che siano sfruttati facendo un confronto con i salari occidentali: la struttura dei prezzi è completamente diversa e per tale motivo lo è anche l’utilità marginale del lavoro dipendente. Nè tantomeno lo si può desumere, per motivi analoghi, dal numero di ore lavorative rispetto a quelle italiane. In ogni caso, pur volendo ob torto collo credere all’affermazione iniziale, cosa c’entri la condizione dell’operaio dipendente cinese in Cina, con una situazione di mercato libero non ci è dato saperlo.

La Cina attualmente, secondo l’ IEF è 136esima   nella classifica delle libertà economiche, con un risibile punteggio nel caposaldo delle economie di mercato: il rispetto della proprietà privata, dove ottiene un punteggio di 20 (su un massimo di 100).

Gli operai cinesi si spostano dalla Cina verso nazioni più libere e più mercatiste. Lo fanno scientemente proprio perché più la nazione è libera più si vive bene. Per loro lo schifo italiano (83°) è molto meglio dello schifo cinese.

Terzo punto. La famosa fabbrica in Bangladesh. In Bangladesh. Il Bangladesh è un altro di quei posti famosi per essere il faro delle economie liberali: 132esima con un punteggio di difesa di diritti di proprietà analogo alla Cina.  Crolla una fabbrica in un posto del genere e sarebbe colpa del mercato???? E’ chiaro poi che gli incidenti accadono molto di più in posti in cui si lavora e si agisce che in posti in cui si sta fermi a rigirarsi i pollici. Per tale motivo è chiaro che è più probabile che crolli una fabbrica piuttosto che un ufficio governativo. Collegamenti col “mercato”??? Nessuno. Non solo, ma il sistema che il branco di coglioni che considera il Bangladesh una nazione ad alto contenuto mercatista, si dimentica un pò troppo spesso che la LORO soluzione è far costruire le fabbriche come la CASA DELLO STUDENTE dell’Aquila (STRUTTURA PUBBLICA), o la SCUOLA MATERNA DI SAN GIULIANO.

Ma andiamo avanti.

Questo “economista”  fa un esperimento veramente geniale. Prende un pò di persone e le mette davanti a delle cavie di laboratorio. Chiede loro se vogliono che vivano e, piuttosto ovviamente, tutti rispondono di si.

Poi comincia ad offrire loro dei soldi per sopprimerli ed ha scoperto, cosa inaudita, che la vita dei topi di laboratorio ha un valore che si aggira mediamente intorno alla decina di euro.

Grossa scoperta. Se fosse andato al mercato avrebbe scoperto che la vita di un pollo si aggira intorno ai 3 euro e la vita di un coniglio altrettanto. Questo, per quanto riguarda i normali clienti. Il valore del pollo per l’allevatore di polli è inferiore. Egli è disposto a farli uccidere e portarli via per molto meno. Il valore della vita di una acciuga è ancora molto molto inferiore.

Insomma, esperimentone degno di nota.    Da questo geniale esperimento scientifico, il nostro “economista” e  la giornalaia in questione derivano conclusioni allucinate. Chi opera nel mercato viola continuamente la sua etica.

Questa frase è un condensato di strafalcioni. Primo. L’etica è un comportamento personale. Dire che qualcuno viola la sua etica è assurdo. La propria etica è, coincide col proprio comportamento assunto liberamente. Tu puoi violare la tua etica se sei costretto con la forza  a fare qualcosa. Non di certo se puoi liberamente decidere se agire o meno. Quando agisci liberamente, per costruzione rispetti la tua etica. Il problema casomai è che il nostro presunto economista non ha capito quale fosse l’etica di ogni partecipante. Il fatto che senza alcun corrispettivo monetario nessuno degli astanti fosse disposto a far ammazzare un topo, non significa che la vita dei topi fosse il primo elemento nella loro scala valoriale. Significa semplicemente che valutano la vita di un topo  in maniera maggiore di zero. Significa che la vita del topo ha valore e significa che nessuno degli astanti provava gusto per una uccisione immotivata.

Il fatto che avendo qualcosa da guadagnare molti abbiano scelto di sopprimere il topo è indicativo solo e soltanto del fatto che per queste persone il guadagno era superiore al valore che davano alla vita del topo. NON che il malvagio dio denaro abbia traviato i loro puri cuori di asceti mistici.

Se andate dall’allevatore di polli di prima e gli dite:  “ti dispiace se scanno una decina dei tuoi polli?”

La risposta sarà sempre e comunque ovvia. Ma l’allevatore è ben disposto a lasciarveli scannare dietro ricompensa. Anzi, è proprio il suo lavoro. Lo fa per campare. Nulla lo ha traviato, come nulla ha traviato i partecipanti all’esperimento.

Certo se poi si è sufficientemente idioti o maldisposti da trasformare un “non sono disposto a far ammazzare un topo senza aver nulla in cambio” con un “non sono disposto a far ammazzare un topo in nessun caso al mondo e per nessuna ricompensa immaginabile”,  beh allora si può dire di tutto o di più. Ma questa non è scienza. E’ tutt’al più cinema e varietà. Crozza può farlo, un economista e una giornalista no.

E’ ovvio che la vita di un topo abbia un valore ed è ovvio che superato tale valore, la gente sia disposta a farlo uccidere. Succede per qualunque animale e non si capisce a quale “morale” si attenga l’economista. Non si capisce perché derivi che questo tipo morale sia la stessa degli altri, secondo cui non solo ci sarebbero dei fini “non valutabili”, ma che addirittura tra questi fini ci sia la vita di una cavia da laboratorio. Queste sono follie mentali.

Visto che però né il signor Falk, l’ “economiere” in questione, né la giornalaia di BananasRepublica pare abbiano capito nulla di come funziona l’azione umana, rammento loro che l’uomo agisce cercando di giungere da una situazione meno soddisfacente ad una più soddisfacente, secondo i suoi personali FINI. Questa è l’unica “morale” o “etica” che conta nell’agire. L’insoddisfazione iniziale è maggiore dell’insoddisfazione (presunta) finale, altrimenti non agirei in tal modo.

Il fatto che l’uomo generalmente non rubi o non uccida altri uomini non deriva assolutamente da considerazioni morali di natura collettiva o sovrumana. E’ il calcolo di vantaggi e svantaggi derivanti da ogni atto , visto dagli occhi dell’uomo agente, che fa sì che una azione venga intrapresa o meno.

L’uomo generalmente non uccide un altro uomo né gli ruba qualcosa perché valuta gli svantaggi superiori ai vantaggi. Svantaggi nei quali sicuramente rientra anche la questione “morale”, ovvero l’insoddisfazione generata dal semplice atto di prevaricazione , ma nei quali rientra anche l’effetto che tale atto avrà nella vita futura.

Se la società non punisse l’omicidio e non punisse il furto, se gli amici delle vittime di omicidio non cambiassero atteggiamento  nei confronti dell’omicida, se i derubati non tendessero a non collaborare più con i ladri etc etc, il furto e l’omicidio sarebbero all’ordine del giorno ancor di più di quanto lo sono adesso.

Tornando allora all’esperimento topi. Se il nostro valente “economiere” avesse proposto sì, di dare dieci euro ad ogni persona che avesse deciso di sopprimere un topo, ma contestualmente di fargli fare un anno di carcere, sono certo che, come per magia, le stesse persone sarebbero state “etiche” e “morali” nonostante il fattore economico. Tutto questo almeno fino a quando la cifra offerta non sarebbe stata valutata sufficientemente alta da compensare ampiamente l’anno di carcere E l’insoddisfazione causata dall’atto di soppressione.   Che in assenza di adeguati svantaggi le persone intraprendano abitualmente azioni violente come furti e omicidi è facilmente dimostrabile in tutti quei campi in cui gli svantaggi o non ci sono o sono notevolmente alleviati.

Per esempio in POLITICA.  Un politico può rubare soldi a tutti i propri cittadini tramite un procedimento chiamato “legislazione”, che gli permette di farlo senza pagare le conseguenze che la società riserva a qualunque altro tipo di persona che compisse lo stesso furto. Il risultato è che diventa usuale rubare soldi e la tassazione infatti arriva ben oltre il 50%.  Anche in questo caso non c’è nessuna “morale” che ferma la mano del politico. Le uniche considerazioni sono quelle riguardanti vantaggi e svantaggi. Il politico si ferma se e solo se vede che aumentare la percentuale di furto mette al rischio il suo guadagno futuro (default, crack del sistema, rivoluzione civile).

Alla stessa maniera, quando un dittatore può uccidere persone senza pagarne il fio, ma avendone solo  vantaggi, ecco che questa azione viene intrapresa in maniera ripetuta, perché valutata a saldo positivo nella rincorsa ai mezzi per raggiungere i propri fini.

Da questo cosa si può dedurre?

In primo luogo che l’etica  e la morale sono concetti soggettivi e che comunque non hanno un valore infinito.

In secondo luogo è che gli atti di prevaricazione vengono limitati dagli svantaggi che la società riserva a coloro che li compiono e non da un ente estraneo chiamato “Morale Collettiva” o “Etica” o qualche altro concetto avulso dal calcolo dei pro e dei contro.

In terzo luogo che non è opportuno finanziare pubblicamente l’economia

In quarto luogo che non è opportuno finanziare pubblicamente l’editoria

E infine che sarebbe opportuno comprare, coi soldi risparmiati da tali finanziamenti, numero DUE zappe da spedire al signor Falk e alla signora Elena Dusi, in modo tale che si possano specializzare in un mestiere più adatto alla loro statura intellettiva.

Date le particolari conoscenze economiche brillantemente mostrate da entrambi, sconsiglio vivamente che il campo da zappare sia di loro proprietà, ma che possano svolgere tale lavoro da dipendenti pagati un tot a colpo di zappa. Gestire un intero podere, con tali rudimenti economici, potrebbe portarli velocemente alla rovina economica.

 

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